Mi chiamo Asllan e vengo dall’Albania. Ho cinquant’anni, da trenta vivo in Italia e da venti a Pavia.
Lavoro nel terzo settore, sono un collaboratore all’interno di un’associazione che fa tanti progetti nel sociale. Il mio lavoro è sempre stato molto dinamico, non mi fermo un attimo, seguo tantissimi progetti che riguardano diversi temi come per esempio la prevenzione al gioco d’azzardo, l’orientamento lavorativo ai giovani o ancora la mobilità sostenibile. Il mio lavoro è a contatto con le persone.
Adesso ho una carta di soggiorno illimitata per vivere in Italia. Ho fatto la richiesta di cittadinanza ma mi è stata negata. Ho impugnato il foglio di diniego ma quando mi hanno risposto che la motivazione era il basso reddito mi sono sentito umiliato e ho lasciato perdere. Ero consapevole che la cittadinanza viene concessa dal Presidente della Repubblica per i suoi meriti e i cittadini stranieri maturano il diritto per i requisiti di richiesta. La cittadinanza non è un diritto, ma richiederla sì, avendo tutti i requisiti definiti. La cittadinanza è legata a fattori economici e non alla dignità umana, non al fatto di fare del bene tramite il volontariato. Sembra che sia qualcosa che ti viene concessa, una carità nei tuoi confronti e non invece qualcosa che ti meriti, che è un tuo diritto. Quindi, quando mi hanno respinto la domanda, non ho più insistito perché ero già stato umiliato una volta.
Con l’arrivo della pandemia tantissimi progetti nelle associazioni si sono dovuti fermare, abbiamo potuto mantenere solo lo sportello lavoro online. Da quando è scoppiata la pandemia, purtroppo, ho dovuto interrompere le mie attività. Avendo un contratto di collaborazione occasionale non sono rientrato in nessuna delle categorie che il governo ha sostenuto, per esempio quella delle partita iva. Ho fatto domanda all’INPS ma non ho ricevuto tempestiva risposta. Sono rimasto in attesa per parecchio tempo di un riscontro chiaro e nel frattempo ho attinto ai miei risparmi, se la situazione non si sbloccherà e sarò in difficoltà mi rivolgerò alla mia rete di conoscenti e amici per un supporto.
Come ho vissuto questo lockdown? Mi sono confrontato molto con i miei amici in altri paesi europei, come Germania, Austria, Svizzera e mi è sembrato che qui le regole avessero meno buon senso di quelle che dovevano rispettare loro, ma ciò nonostante sono stato ligio e ho evitato gli spostamenti quasi totalmente. Le poche consulenze sui progetti che avevo le ho fatte online. Per la spesa, vivendo da solo, non è che io abbia molte esigenze. Ho potuto dedicare del tempo al mio orto, che è vicinissimo a casa mia e poi uscivo per andare al supermercato ogni due settimane. Ho fatto tutto quello che potevo online e il resto è stato rimandato. Ho passato del tempo sul mio terrazzo a prendere il sole e ogni tanto chiacchieravo con il mio vicino di casa. Poi però lui e tutta la sua famiglia si sono ammalati. Non hanno mai fatto il tampone ma il medico, conoscendo i sintomi, ha detto loro di stare chiusi in casa.
In Albania la situazione del virus è meno grave che qua, la popolazione è numericamente inferiore rispetto a quella italiana e hanno chiuso le frontiere in maniera abbastanza tempestiva. Non è chiarissima la diffusione ma mi sembra che anche lì, come qui, ci sia un’applicazione delle regole che prescinde dal buon senso ogni tanto. Non capisco proprio perché su per le montagne una persona non possa portare a pascolare le pecore! Per fortuna i miei famigliari stanno bene, sono anche loro chiusi in casa, come noi.