Mi chiamo Celia, vengo dal Perù, sono arrivata in Italia alla fine degli anni Novanta quando avevo 22 anni. Lavoro come colf e come cuoca, nelle case private, ho due lavori. Vivo con mio figlio adolescente.
Sono arrivata in Italia da turista, come tutti, e ho preso il primo permesso di soggiorno con la sanatoria del 1998: avevo un lavoro come badante e la signora per cui lavoravo mi ha messo in regola. Adesso ho la cittadinanza italiana, dal momento della richiesta ho aspettato 6 anni per riceverla! Anche mio figlio ha la cittadinanza italiana, è nato qui in Italia quindi avrebbe potuto chiederla a 18 anni, ma l’ha ottenuta prima grazie a me. Ho chiesto la cittadinanza perché non si sa mai cosa può succedere, tanto prenderla non ti cambia, non smetto di essere peruviana al cento per cento. Se qualcuno chiede a mio figlio cosa si sente di essere, lui dirà che è peruviano, è nato qui, ha fatto le scuole qui, tutti i suoi amici sono italiani ma lo chiamano “il peruviano” e lui dice che è fiero di essere peruviano!
Il Coronavirus ha portato il meglio e il peggio. Prima che arrivasse lavoravo a tempo pieno, dalle 9 di mattina alle 9 di sera in tre case diverse, durante la settimana mio figlio era da solo a casa, passavamo insieme il fine settimana. La mia vita era molto frenetica, avevo del tempo libero solo il sabato dopo le due e la domenica. Questo tempo lo dedicavo alle cose semplici: pulire la casa, cucinare, stare con mio figlio.
Con il Coronavirus ho continuato a lavorare la mattina e la sera, invece il mio lavoro pomeridiano è sospeso, per ora. Non mi hanno licenziato, sono stata fortunata, mi hanno dato 15 giorni di ferie e poi, siccome l’emergenza è continuata, mi hanno lasciato a casa senza stipendio, riprenderò dopo metà maggio. Questa situazione non mi ha creato grossi problemi economici perché sto usando i miei risparmi. La cosa più importante è la salute, perché senza la salute non si fa niente!
Il più grande cambiamento che ha portato il virus per me è stato qualcosa di positivo: ora ho più tempo per mio figlio, per conoscerlo, per cucinare insieme. Lui fa il corso per diventare cuoco e allora ci scambiamo le ricette, facciamo da mangiare insieme, lui cucina e io assaggio o viceversa e facciamo dei progetti…
La mattina, qualche volta, riesco a seguire insieme a lui le video-lezioni della sua classe, ascolto la professoressa di matematica e mi ricordo il tempo della scuola.
Il Coronavirus mi ha permesso di passare tanto tempo con lui. Prima eravamo come due estranei, io arrivavo a casa stanca e parlavamo solo per lo stretto necessario, al contrario adesso c’è complicità, scherziamo…
Dei miei amici qui in Italia solo un’amica si è ammalata, non è andata in ospedale ma è stata seguita a casa dal suo medico.
Per uscire ho sempre portato con me l’autocertificazione ma non me l’hanno mai chiesta. Uscivo solo per andare al lavoro, con la bicicletta o a piedi, non con i mezzi pubblici. Per la spesa uscivo ogni 15 giorni.
L’esperienza della scuola a distanza è stata un vero calvario perché prima, quando doveva andare a scuola, mio figlio dormiva e si alzava normalmente, adesso invece va a letto tardi, si sveglia tardi, ha lezione in orari diversi e quindi devo controllare che si alzi in tempo. Segue le lezioni online al telefono ma è scomodo, abbiamo deciso di comprare un computer e anche una stampante, una spesa in più in un momento difficile!
Non ho chiesto gli aiuti del Governo perché per la verità non so bene come funzionano ma la settimana prossima andrò al CAF per il 730 e chiederò soprattutto se ci sono aiuti per comprare il computer e la stampante.
Questa nuova fase dopo il lockdown la vedo un po’ rischiosa ma bisogna lavorare perché se no, dopo più di due mesi, come si mangia? Adesso fa più paura perché se ci sono nuovi contagiati come si fa? Bisogna chiudere tutto di nuovo?
Il Coronavirus è arrivato anche in Perù, ma nella mia cittadina non ci sono contagiati e tutti sono chiusi a casa, il Governo ha mandato provviste per le famiglie in estrema necessità. A Lima la gente non collabora, il governo non può fare più di quello che ha fatto, ha mandato l’esercito e la polizia per tenere la gente a casa come se fossero dei bambini…
Io e mio figlio ci siamo chiesti cosa ne sarà della nostra complicità, ora che tutto tornerà alla normalità. Io non lo so, devo cominciare a lavorare a tempo pieno perché se no non ce la facciamo, ma che ne sarà della mia famiglia?