Mi chiamo Luna. Sono una ragazza peruviana che vive in Italia da quasi 20 anni. Ho vissuto tanti anni in Lombardia. Recentemente mi sono trasferita nel Centro Italia per avvicinarmi al mio fidanzato. Lavoro come assistente alla poltrona in uno studio dentistico.
Avevo un contratto a tempo determinato che scadeva a fine marzo. Il mio datore di lavoro mi aveva detto, prima dell’emergenza, che mi avrebbe rinnovato il contratto perché era molto contento del mio lavoro. Però a causa del coronavirus non è riuscito a rinnovarmelo subito al momento della scadenza. Sono stata circa un mese senza lavoro perché lo studio è rimasto chiuso. Adesso parlando con il mio datore di lavoro sembra che mi rinnoverà il contratto per un anno. Inizierò a lavorare nei prossimi giorni. Sono sollevata perché non sapevo come sarebbe andata a finire.
Prima di trasferirmi lavoravo sempre come assistente alla poltrona. Avevo un contratto a tempo indeterminato. Quando ho scelto di spostarmi ho studiato bene la situazione e mi sono decisa solo quando ho trovato qualcosa qua. Ho aspettato molto prima di prendere la decisione.
Ho studiato per odontotecnico qua in Italia. Prima di trasferirmi, avevo fatto un anno di odontoiatria in Peru. Sono arrivata in Italia con mio fratello che avevo poco più di 20 anni. Qua c’era già mia mamma. Mio fratello non essendo ancora maggiorenne ha potuto arrivare tramite il ricongiungimento familiare, io con un contratto di lavoro fittizio. All’inizio pensavo che sarei rimasta poco tempo, poi però le cose sono cambiate e ho deciso di restare. Volevo riprendere l’università: ho provato il test di accesso a numero chiuso ma non sono riuscita ad entrare. Perciò ho fatto il corso di tre anni da odontotecnico. Finita la scuola ho iniziato a lavorare. Ho riprovato a fare il test d’ingresso anche in seguito ma non ci sono riuscita. Comunque sono contenta, ho trovato la mia strada. I pazienti mi danno soddisfazione e mi piace il mio lavoro. Con il tempo ho acquisito esperienza e sono diventata più sicura di me.
Il lockdown è stato una bella prova per me e il mio fidanzato. Era la prima volta che stavamo insieme 24 ore su 24. Siamo diversi, noi latini siamo più abituati a fare le cose all’ultimo momento, mentre gli italiani sono più abituati a programmare. Però ci vogliamo bene. Abitiamo in un appartamento non molto grande ma ci stiamo bene. Essendoci trasferiti da poco ci sono varie cose ancora da allestire, ma avevamo l’essenziale, per cui non mi posso lamentare.
Essendo stata più di un mese senza lavoro, ho fatto la richiesta per la disoccupazione verso fine aprile, perché non sapevo come sarebbe andata la cosa. Ancora non mi è arrivata. Per fortuna non avevo mai dovuto chiedere la disoccupazione prima. Ho fatto molti lavori in passato ma non sono mai rimasta disoccupata a lungo. Per compilare la richiesta mi sono rivolta all’Acli tramite lo sportello telefonico. Ho avuto un po’ di difficoltà all’inizio per prendere la linea perché c’erano moltissime persone che chiamavano. Mi hanno detto di mandare i documenti per email e hanno fatto tutto loro. Mi è arrivato il messaggio dell’INPS che mi confermava che la pratica era partita.
Dal punto di vista economico questo stop di un mese mi ha creato un po’ di difficoltà, perché comunque ho delle spese fisse tipo l’assicurazione della macchina. Poi aiuto mia mamma che è tornata in Perù. Sono fortunata perché vivo con il mio compagno e insieme ce la facciamo. Lui fa l’avvocato. Durante il lockdown non ha potuto concludere i lavori che aveva in corso perché i tribunali sono stati chiusi. Anche lui ha richiesto i 600 euro per i liberi professionisti ma non gli sono ancora arrivati…
Per quanto riguarda la salute, fortunatamente non ho avuto persone malate di Covid vicino a me. Però ho paura per mio fratello che lavora in una RSA. Là sono tutti infettati! Lui si è fatto qualche giorno di malattia perché pensava di aver preso il virus. Ha fatto il tampone ma era negativo, ed è rientrato a lavorare. All’inizio dell’emergenza erano senza i dispositivi di protezione adeguati. Con i colleghi si sono lamentati e hanno protestato minacciando la denuncia. A quel punto hanno fornito le mascherine. Mi ha detto che tra i suoi colleghi ci sono stati vari positivi…
Dal punto di vista dei documenti non ho avuto problemi perché ho la cittadinanza dal 2015. Mia mamma si è sempre interessata a queste questioni e ci ha inculcato questa cosa. Ho amici che sono da tanto tempo qua ma non hanno ancora richiesto la cittadinanza! Mi ritengo fortunata perché da quando ho avuto il contratto a tempo indeterminato non ho mai avuto problemi a rinnovare il permesso di soggiorno. I primi anni che stavo in Italia ricordo che anche per cercare lavoro spesso mi chiedevano la cittadinanza!
Durante la fase 1 siamo stati molto attenti, ci siamo chiusi in casa da subito e uscivamo solo per fare la spesa. Il mio compagno usciva solo se aveva bisogno di documenti in studio perché comunque poteva gestire tutto da casa. I miei suoceri sono anziani e avevamo paura per loro. Quando ci hanno fatto uscire abbiamo fatto dei giri ma sempre qua nei dintorni. Siamo fortunati perché abbiamo il supermercato vicinissimo, ci siamo spostati pochissimo. Siamo stati fermati dalla polizia proprio qua sotto, ma non abbiamo avuto nessun problema.
Per questa fase 2 mi sento fortunata perché lavoro molto vicino a casa, sono 3 minuti in macchina. Non usandola mi si è scaricata la batteria ma a parte quello posso arrivarci anche a piedi. Non devo prendere i mezzi. Per quanto riguarda il rientro al lavoro, non so in che modo le misure di sicurezza saranno applicate. Ho visto che i dispositivi che dovremo usare sono costosi per il datore di lavoro. Non so se riusciremo a fare tutti i cambi necessari. Non so se mi sento tutelata, ma siamo tutti un po’ spaventati perché siamo a contatto diretto con mucose, saliva, etc. Useremo tutte le protezioni, doppia mascherina, le visiere fino al collo, le tute…. Settimana prossima saprò meglio come ci organizzeremo.
La mia famiglia in Perù sta bene, non abbiamo avuto contagiati. Stanno seguendo la quarantena e si sono chiusi in casa. Della mia famiglia stretta ho solo mia madre e il compagno. Loro sono a rischio perché mia mamma soffre di ipotiroidismo e il compagno è diabetico. Quindi si sono chiusi in casa e escono solo per fare la spesa. Però la gente non capisce che deve stare a casa… Anche se capisco le persone che se non lavorano non guadagnano, o muori di coronavirus o muori di fame. Mio cugino ad esempio lavora in un grande supermercato. Hanno licenziato tantissime persone nella loro azienda, e a molti altri non hanno rinnovato il contratto. A chi è rimasto hanno abbassato moltissimo lo stipendio. Mi parlava di questa legge per la quale puoi scegliere se continuare a lavorare ma con lo stipendio ridotto oppure stare 3 mesi a casa senza stipendio… Ho pensato che qua nonostante tutto siamo più tutelati. Da una parte mi sono sentita bene, se fossi stata là non saprei in che condizioni mi sarei trovata.
In Perù abbiamo tante materie prime ma abbiamo solo imprese straniere che ci sfruttano nel nostro paese. Inoltre, non c’è un censimento delle persone che hanno bisogno di aiuti economici. Ci sono persone che non hanno bisogno ma hanno ricevuto il contributo di 380 soles, meno di 100 euro, mentre chi ha bisogno veramente non ha avuto niente. Mi sento impotente perché non riesco a fare nulla. Parlo spesso con le mie cugine in Perù e le sollecito ad impegnarsi a fare qualcosa per cambiare la situazione perché non possiamo andare avanti così.