Mi chiamo Oksana, vengo dall’Ucraina, ma sono in Italia da diciotto anni e ho la cittadinanza italiana. Sono stata sposata con un italiano per dieci anni, ma lui beveva e mi maltrattava. Da tanti anni lavoro come operatrice in una casa di cura per anziani. Ora sono a casa perché è da fine febbraio che non mi sento bene.
Quando ho iniziato a non sentirmi bene, ho subito indossato la mascherina per andare al lavoro. Erano ancora le mascherine che avevo comprato in Ucraina tanti anni fa! Tutti al lavoro mi dicevano di toglierla perché non era necessario indossarla, che la mia era solo una semplice influenza. Quando chiedevo i dispositivi di protezione individuale, mi rispondevano che non ce n’erano. Io ho una malattia respiratoria e ho dovuto fare delle cure con gli antibiotici e il cortisone. Non so nemmeno se ho o non ho avuto il virus perché nessuno mi ha prescritto di fare il test. Mi fanno ancora male i bronchi e la testa. Ora ho paura di ritornare al lavoro, sia per la mia salute sia per quella delle persone che devo curare. Ho anche paura, però, che se non torno al lavoro mi possano licenziare. Ho chiamato l’ufficio del personale e mi hanno detto che non mi possono dare né ferie né l’aspettativa. Per loro devo tornare subito perché hanno tutti i dispositivi di protezione, ma i miei colleghi mi dicono che non è così. Io sono una persona a rischio, non posso tornare a lavorare in queste condizioni.
Ho sempre lavorato duramente, fin troppo. A volte facevo anche doppi turni. Anni fa non eravamo attrezzati come adesso e, quindi, mi capitava anche di dover alzare da sola anziani allettati di quasi cento chili. La mia salute così è peggiorata. Ora ho sempre mal di schiena e devo prendere tantissimi antiinfiammatori. Il mio lavoro mi provoca moltissimo stress e i rapporti con le mie colleghe non sono facili.
Da quando l’assunzione dei dipendenti è gestita da una nuova cooperativa la situazione è molto peggiorata. Hanno ridotto gli stipendi e mi sembra di essere molto meno tutelata rispetto a prima. Nella struttura in cui lavoro, poi, ci sono troppi pochi operatori per il numero di pazienti che ospita. Non ce la facciamo a stare dietro a tutti, considerando che dobbiamo gestire, lavare e a volte imboccare tutti gli anziani. Andavo d’accordo con la vecchia direzione, mentre a quella nuova sembra non importare nulla degli operatori e della loro salute. Ora, anche se non sono al lavoro, sento che i miei colleghi si stanno lamentando perché non vengono forniti loro i dispositivi di protezione. Infatti, molti sono in malattia e probabilmente positivi al virus. Ma la cooperativa non fa fare a nessuno il tampone perché costerebbe troppo.
Nel mio reparto ci sono stati casi di Coronavirus. Alcuni anziani sono morti e altri sono stati spostati in altri reparti. Il mio reparto è stato chiuso. Mi dispiace molto per loro, ci ero molto legata. I miei colleghi hanno anche protestato per la mancanza di personale. Ma il nostro sindacato non sembra aiutarci molto. Mi hanno detto che, dopo aver mandato una lettera alla cooperativa, sono stati minacciati.
È da mesi che sono in casa da sola e non posso nemmeno vedere i miei nipoti che abitano vicino a me. Li vedo ogni tanto in videochiamata. Per fortuna mio figlio e mia nuora si prendono cura di me ora. I soldi non mi bastano per pagare l’affitto e le spese. Vengono a portarmi la spesa e del cibo e lo lasciano davanti alla porta. Mio figlio lavora come operaio in una ditta. In questo periodo sta anche facendo i doppi turni. La moglie non lavora per poter badare ai figli. Lei era un’infermiera in Ucraina e amava molto il suo lavoro. La sua laurea non è stata riconosciuta in Italia e ha dovuto rifare il corso.
In Ucraina la situazione è terribile. La mia famiglia mi racconta che nelle grandi città hanno chiuso tutto. Uno dei miei figli andava a fare la stagione agricola in Olanda, dove raccoglieva frutta, ortaggi e fiori. Ora non si può più spostare, è molto preoccupato e non sa che cosa fare. Anche sua moglie non lavora perché hanno avuto da poco un bambino.
Per di più, la mio medico è andata in aspettativa perché ha adottato una bambina. Il medico che l’ha sostituita è bravo, ma non conosce bene la mia situazione e tutte le mie patologie. Quando non stavo bene sono andata da lui per farmi visitare e per farmi dare le ricette. Per la ricetta sono dovuta andare di persona perché non ci capisco molto di tecnologia e non ho capito come fare a ricevere la ricetta elettronica.
Questa situazione mi ha fatto capire che dobbiamo essere più buoni, più uniti. Perché tutto questo è anche colpa nostra che abbiamo rovinato il Pianeta. Questa situazione mi ha anche insegnato che la nostra unica salvezza è parlare con Dio.