Voci Migranti ai tempi dell’emergenza del Corona Virus

La Voce di Tatiana

Mi chiamo Tatiana, vengo da El Salvador, sono arrivata in Italia circa quindici anni fa per cercare un’opportunità e un futuro migliore per mio figlio. Vengo da un paese violento, ci sono le gang che sono molto pericolose. Quando sono diventata mamma ho realizzato che non volevo quella vita per mio figlio. Mio marito ha parenti che sono cittadini italiani, perciò ha avuto la possibilità di migrare in maniera legale. In Italia ha trovato una casa in affitto e un lavoro e dopo un anno lo abbiamo raggiunto. Quando sono arrivata in Italia mio figlio aveva appena due anni. Nel frattempo ci ha raggiunto anche mio nipote che vive con noi.

 

Prima del coronavirus avevo una vita molto frenetica. Lavoro in un albergo a 5 stelle. Di solito siamo molto pieni. Spesso mi capitava di lavorare dalle 7 del mattino alle 10 di sera in base alle prenotazioni dell’hotel. Avevo solo un giorno di riposo a settimana, di solito lo passavo a sistemare casa. I turni li decidono settimana per settimana, non si possono fare mensilmente perché dipendono dalle prenotazioni. In bassa stagione può capitare che si recuperino i riposi saltati.  Quando avevo qualche giorno libero in più uscivo con la famiglia, a fare la spesa o a fare un giro. Adesso i ragazzi sono grandi, vanno alle superiori e sono autonomi. È un po’ più facile gestire la situazione ora che sia loro che mio marito mi danno una mano. Comunque ci vuole la testa di una donna in casa, per organizzare gli acquisti, il cibo, perché gli uomini non pensano a queste cose.

 

Fortunatamente ho un contratto a tempo indeterminato e lavoro per una società esterna che fa outsourcing per alberghi e non per una cooperativa. Se lavorassi per una cooperativa le condizioni contrattuali sarebbero peggiori. Una volta sono andata ad aiutare in un altro albergo. Mi hanno offerto di rimanere lì, però le condizioni contrattuali erano peggiori perché lì c’era una cooperativa. Io ho un contratto con Federalberghi turismo ed è più pagato e con tutte le prestazioni di legge. Perciò sono rimasta al mio posto anche se è più pesante e stressante lavorare in un albergo a 5 stelle.

 

Il nostro settore è stato il primo ad essere colpito dalla crisi, la situazione si era già avvertita mesi fa, in termini di calo delle prenotazioni. Abbiamo cominciato a percepire l’emergenza durante la settimana della moda il 22 febbraio, che purtroppo non è stata la solita settimana della moda. In quel momento noi dipendenti dell’albergo abbiamo cominciato ad avere paura. Abbiamo avuto ospiti malati, non sappiamo se di Covid, per fortuna nessuno di noi dipendenti è stato contagiato. Quando si è iniziato a parlare di questo virus nessuno li dava importanza, in primis noi. Immaginavamo che sarebbe stato come un’influenza e sarebbe passato senza troppi problemi. Purtroppo avendo tanti ospiti stranieri, soprattutto cinesi e giapponesi non possiamo sapere come sia andata a finire. Tante persone che dovevano rimanere per 2/3 settimane sono andate via prima. Fin dalla settimana della moda in albergo abbiamo preso maggiori precauzioni. La direzione è molto attenta e ha cominciato subito a chiederci di usare guanti e mascherine e di disinfettare tutto. Abbiamo usato prodotti molto forti per fare le pulizie. Anche in condizioni normali abbiamo una procedura standard per disinfettare le cose perché le persone vanno e vengono. Con l’emergenza le procedure erano state intensificate. Da marzo in poi purtroppo siamo rimasti a casa, come tutto il settore turistico.

 

Per me la situazione di questo virus è drammatica, perché di solito lavoro tanto e vorrei avere un po’ più di riposo. Adesso mi trovo nella situazione opposta, ed inizio ad avere bisogno di lavorare. Siamo in cassa integrazione, e sono preoccupata che le aziende non riescano a resistere alla crisi e siano costrette a licenziare il personale.  Non ho ancora ricevuto il mio stipendio perché ce lo deve pagare l’INPS e non si sa quando arriverà, forse entro il mese di maggio. Purtroppo l’INPS ha lasciato il turismo come ultimo settore, stanno pagando a scaglioni, ma hanno dato precedenza ad altri settori. Ho iniziato a cercare per fare qualche ora di pulizie delle signore che conoscevo prima di iniziare a lavorare in albergo. Per fortuna mio marito che fa il corriere ha continuato a lavorare, finché non si è ammalato.

 

Un’altra fortuna è stata che siamo riusciti a fare il trasloco nella nuova cosa nonostante il lockdown. Finalmente dopo tanti anni siamo riusciti a fare il mutuo e abbiamo preso una casa più grande, un po’ fuori città. Finora vivevamo in un bilocale. È stato difficile, ma se uno lavora e si impegna è possibile raggiungere i propri obiettivi. Sono molto contenta. Avere un tetto dove vivere era il sogno fin da quando siamo arrivati qua. Quando uno è giovane non ci pensa, ma continuare a pagare l’affitto quando si diventa anziani è difficile. Non voglio essere un peso per i miei figli. Dovevo fare qualcosa adesso finché ne ho la possibilità.  È stato difficile perché ci abbiamo messo circa due anni a preparare i documenti. Dovevamo essere in regola con tutto, è stato un po’ stressante ma alla fine ce l’abbiamo fatta, appena prima del coronavirus.  Avevamo in programma di fare il trasloco il 15 marzo, in piena emergenza. Ho chiamato tutti i numeri della regione per chiedere se potevamo traslocare e come dovevamo procedere.  Non ce l’avremmo fatta a pagare sia l’affitto che la rata del mutuo. Mi hanno detto che poteva essere considerata come una situazione di necessità e potevamo fare il trasloco, ma non potevamo prendere una ditta per spostare tutta la roba. Abbiamo noleggiato un camion, mio marito ha fatto due viaggi, i ragazzi ed io siamo andati in treno, perché non potevamo andare tutti sul camion. Per fortuna la casa è grande, entrambi i ragazzi hanno la propria stanza. Non abbiamo sentito troppo il peso della quarantena e siamo stati impegnati a sistemare casa. Ci mancano ancora i mobili e dobbiamo imbiancare le pareti. Abbiamo rimandato per il momento, però almeno siamo a casa nostra.

 

Qualche settimana dopo il trasloco mio marito si è ammalato. Era da poco rientrato al lavoro dopo le ferie che si era preso per fare il trasloco. Di solito va al lavoro con il treno perché guida tutto il giorno e quindi preferisce muoversi in treno. Una sera mi ha chiamato mentre era sul treno per dirmi che non si sentiva bene e aveva i brividi, pensava che fosse l’aria condizionata molto forte sul treno. Mi sembrava strano che avesse preso freddo perché era una giornata di sole. Appena arrivato a casa si è buttato sul letto perché aveva le vertigini. Il giorno seguente non ce la faceva ad andare al lavoro, aveva mal di testa e la febbre. Ha parlato con il suo capo che gli ha detto di restare a casa.  Poi ha cominciato ad avere la diarrea. La notte è svenuto, noi non ci siamo resi conto perché dormivamo. Ho sentito che dava colpi sulla parete. Ho pensato che non fosse una cosa normale. Un paio di giorni dopo anch’io ho iniziato ad avere gli stessi sintomi. Ho perso subito il senso del gusto e degli odori, mio marito dopo qualche giorno.

Ho chiamato il medico di base. Mi ha detto che poteva prescriverci qualcosa per la febbre ma non poteva fare altro perché ci eravamo trasferiti e non eravamo nella sua zona. Allora ho cominciato a preoccuparmi. Il medico mi ha consigliato di chiamare il numero della regione. Ho chiamato e ho spiegato che non avevamo avuto il tempo di iscriverci all’anagrafe perché era tutto chiuso. Mi hanno detto di chiamare vari uffici e nel frattempo è passata una settimana. Per fortuna noi stavamo bene. Pur non sapendo se si trattasse di Covid, ci siamo subito isolati dai ragazzi. Non siamo usciti neanche sul balcone. Poi alla fine ci hanno chiamati dall’Asl e ci hanno assegnato il medico di base. Sono venuti a visitarci e adesso mi chiamano tutti i giorni per monitorare le nostre condizioni. Solo mio marito ha fatto il tampone, e hanno detto che nel caso risultasse positivo anch’io lo sarei. Ci hanno messo in quarantena a tutti. Stiamo ancora aspettando il risultato. In teoria la quarantena finiva oggi, ma senza il risultato di quel tampone non possiamo ancora muoverci.

 

Non avrei mai pensato di prendere il virus, perché ero a casa da tanto tempo. Mio marito non sa come lo ha preso, perché lui purtroppo gira tutto il giorno, anche se sempre con guanti e mascherina. Ci sono anche due ospedali nella sua zona di consegne. Non mangiava neanche fuori per precauzione, ma l’ha preso lo stesso.

 

Per quanto riguarda i documenti, avevo fatto richiesta per un permesso di lungo periodo, ma purtroppo nella casa di prima c’era qualche errore sul contratto di affitto e mi hanno detto che non potevano darmi l’idoneità abitativa. Mi hanno fatto un permesso di breve periodo che è scaduto a novembre. Mi avevano dato l’appuntamento per il rinnovo ad aprile, ma mi hanno inviato due messaggi di rinvio fino ad agosto. Mio marito e mio figlio non hanno problemi perché hanno un permesso di soggiorno di lungo periodo. Siamo soltanto io e mio nipote ad avere problemi perché non avendo il permesso di soggiorno non posso rinnovare quello di mio nipote che è legato al mio. Adesso che non abbiamo più il problema dell’idoneità abitativa chiederò anch’io il permesso di soggiorno di lungo periodo.

 

Da quando siamo in quarantena, un cugino di mio marito che abita qua vicino ci dà una mano con la spesa. Io ordino la spesa online e lui passa a ritirarla, la lascia fuori dalla porta e i ragazzi escono a prenderla. Per fortuna che c’è lui. Anche la tecnologia ci sta veramente aiutando. In un altro momento storico sarebbe stato più difficile. Faccio tante cose dal mio telefono che prima non si potevano fare.

 

Per quanto riguarda la didattica a distanza, i ragazzi se la stanno cavando.  Avevamo già un computer in casa e i ragazzi hanno dei telefoni buoni dai quali anche riescono a seguire le lezioni.  Il quindicenne fa lo stesso orario di sempre, come se fossero a scuola.  Il più grande purtroppo fa meno ore. La sua scuola è diversa. I ragazzi sono molto responsabili, non devo starci dietro, sanno cosa devono fare. In generale si trovano bene, non è la stessa cosa che stare a scuola ma si adattano. Non si lamentano neanche troppo di essere chiusi in casa. Sono felici di avere ognuno la propria stanza, con lo spazio per fare le proprie cose. Per fortuna già prima del trasloco avevo fatto la richiesta per internet. Abbiamo aspettato una settimana, il tecnico è arrivato prima che mio marito si ammalasse. Sapevo che i ragazzi dovevano fare le lezioni online, quindi la prima cosa di cui avevano bisogno era internet.

 

Per questa fase 2, sono sia preoccupata che contenta, perché c’è un po’ più di libertà di movimento. Sono preoccupata perché ci sono persone che escono solo per uscire. Bisognerebbe rispettare di più le regole. Io mi sono ammalata, so cosa vuol dire. Se uno non è ben preparato fisicamente è molto rischioso anche se si usano guanti e mascherine. Sono contenta perché il paese comincia a muoversi, la gente ha bisogno di lavorare, se non c’è lavoro non abbiamo come mantenerci. È giusto che esca chi ha necessità, ma chi non ha niente di urgente da fare dovrebbe stare a casa. Le passeggiate, le grigliate, i compleanni possono aspettare. La salute è più importante. Se usciamo tutti, il virus continua a circolare e sarà peggio.

 

Nel mio paese la situazione è molto particolare. Amo il mio paese, ma ci manca tanta educazione. Abbiamo avuto la fortuna di avere un presidente che si è preoccupato prima di tutti di gestire questa cosa come si deve, di chiudere le frontiere, ma purtroppo la popolazione non è educata. Pensano sia una bugia, uno scherzo. Il presidente ha fatto di tutto per contenere la cosa, infatti ci sono solo 400 contagiati, ma la gente ha continuato a viaggiare, a spostarsi. Siamo molto vicini agli Stati Uniti e tante persone si spostano anche via terra, ed è difficile vigilare su tutti. Ci sono tanti punti ciechi da cui sono entrate persone già contagiate. Per fortuna sono poche, anche perché siamo un paese povero e non avremmo le risorse per gestire una cosa così grande. Infatti tutti i giorni ripeto a mia madre di stare a casa e di curarsi, perché ha una certa età e il diabete. Per fortuna ha un lavoro e uno stipendio stabile. Là c’è gente che non è altrettanto fortunata e vive alla giornata.

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